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Alla scoperta del metaverso: trend o rivoluzione?

Alla scoperta del metaverso: trend o rivoluzione?

La parola più usata degli ultimi mesi, forse, anche la più abusata è senza dubbio “metaverso”. Mentre il correttore automatico del pc da cui scrivo ancora me la segna come errore, sembra che al CES di Las Vegas, il massimo evento al mondo per il settore dell’high tech, abbiano provato anche a inventarsi un gioco che prevedesse uno shot alcolico per ogni volta che la parola era menzionata durante un keynote. Ovviamente, non è stato mai realizzato perché il rischio era un avvelenamento da alcool collettivo. Ma la questione è: il metaverso è solo una moda passeggera o qualcosa che è destinato a rivoluzionare le nostre vite?

Partiamo dal principio, ossia che cosa è il metaverso. Sicuramente non l’ha inventato Zuckerberg, che pure ha avuto il merito di portarlo alla ribalta con il rebranding di Facebook Inc. avvenuto lo scorso autunno. A creare questa parola è stato lo scrittore Neal Stephenson con il romanzo “Snow Crash” del 1992, ma forse lo avevate già sentito. Si tratta di un blend tra il prefisso greco “meta”, che vuol dire “dentro”, “attraverso”, e “verso”, che richiama la parte finale della parola “universo” inteso come contenitore nel quale ci troviamo e ci permette di esistere. Perciò il metaverso sarebbe un universo all’interno dell’universo. Questo universo è virtuale e ci permette di esistere virtualmente ponendo una serie di domande esistenziali e non.

Per quanto possa sembrare accessorio, rispondere è fondamentale; soprattutto per chi si occupa di innovazione. Secondo la rivista specializzata in high tech The Information, il metaverso avrà un valore pari a 82 miliardi dollari entro il 2025. Le principali piattaforme raccolgono centinaia di milioni di utenti: 202 milioni per Roblox, 150 milioni per Fortnite e 173 milioni per Minecraft. È chiaro che le aziende ormai guardino a questo mondo parallelo per raggiungere i loro obiettivi di marketing, in particolare se la buyer persona ideale appartiene alla Generazione Z.

Nike ha creato Nikeland su Roblox, si tratta di una sorta di parco giochi virtuale in cui è possibile visitare lo showroom del brand, interagire con i commessi e altri utenti, acquistare capi e praticare diversi sport o giocare con le palle di neve. Adidas anche si è affrettata a seguire il suo competitor e così stanno facendo molti altri brand cercando, tra l’altro, di andare a colmare un vuoto che si era creato, visto che era già possibile fare acquisti di beni virtuali prima del loro ingresso. Si è aperta così la questione della tutela della protezione della proprietà intellettuale nel metaverso e non sono pochi i brand impegnati a difendere la loro identità in sede legale. La verità è che la legge non è ancora arrivata a regolamentare dettagliatamente questo settore e la battaglia è decisamente aperta.

Lo scorso novembre Apple ha presentato una richiesta di brevetto negli Stati Uniti affinché certi oggetti vengano resi “invisibili” nel metaverso. La soluzione pensata dall’azienda di Cupertino propone di escludere dall’esperienza virtuale soggetti che abbiano violato le regole d’interazione stabilite dall’utente, in una sorta di controllo tra pari. Il meccanismo richiama quello del “blocco” che avviene sui social quando un utente viola la policy della community.

Meta anche si è mossa in questo senso e ha presentato diverse richieste di brevetto. Tra queste una sembrerebbe richiamare la logica dell’algoritmo, per cui un utente dovrebbe venire tendenzialmente esposto solo a quei contenuti con i quali è più probabile l’interazione. In sintesi, Zuckerberg ci sta dicendo che anche nel metaverso gli adv saranno il principale business della compagnia. Quanto questo rappresenti una forma di tutela per l’utente, per il brand o per il creatore è tutto da vedere.

Intanto, nel mondo del tech, gli inventori si affannano a pensare le soluzioni migliori per farci vivere nel metaverso. Vediamone alcune insieme. Iniziamo con gli smart glasses; nonostante il disinteresse generale dimostrato dal mercato – sarà anche colpa dei prezzi –, sono uno dei prodotti più studiati dalle aziende. Al CES, la cinese TCL ha portato occhiali capaci di scattare foto e condividerle, fornire indicazioni GPS che vengono proiettate direttamente nel nostro campo visivo e assemblare un piano di lavoro con monitor virtuali multipli. Anche Microsoft ha annunciato una partnership con Qualcomm per sviluppare degli occhiali leggeri di realtà aumentata. Adidas, invece, insieme a Mojo Vision sta lavorando a un prototipo che ci faccia visualizzare i dati delle nostre performance sportive in tempo reale.

Altra parola, meglio sigla, molto usata: NFT, Non Fungible Token o “gettone non duplicabile”. Stiamo imparando a conoscerli, sono dei certificati digitali che attestano la proprietà di un bene e ne garantiscono l’autenticità e unicità perché registrati su blockchain. Possono essere degli album musicali, delle foto, dei quadri, dei testi e possono arrivare a costare molto; ma una volta acquistati come vederli? È la domanda che si pongono un po’ tutti e Samsung ha pensato di creare una TV compatibile con gli NFT, così da poter scrollare un marketplace dedicato direttamente dai nostri divani. Anche YouTube sembra che stia lavorando a qualcosa di simile, ma la notizia non è ancora ufficiale.

Infine, merita una menzione speciale l’educazione. Tra le necessità del futuro delineate a Las Vegas c’è quella di far sbarcare l’apprendimento sul metaverso tanto da dedicare al tema un intero panel intitolato “Learning in a Virtual World”. Tuttavia, nessuna invenzione dirompente è stata ancora pensata; perciò, l’invito è quello di dare libero sfogo alla creatività.

 

 

Photo by Hammer & Tusk on Unsplash

Pubblicato il 19/01/2022 alle ore 11:14 da Viviana Bianchi

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