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Criptovalute, blockchain e ambiente

Criptovalute e blockchain

Le criptovalute sono una delle tendenze del momento, non solo come fonte di investimento ma anche di discussione. Oggi questa criptomoneta ha incrementato il suo valore in modo esponenziale rispetto a un anno fa ma il suo "costo" reale è molto più alto di quello che si possa immaginare e non tira in ballo solo il paragone con la svalutazione della moneta, quanto l’impatto ambientale che determina. Sono stati proprio gli ambientalisti a porre la questione e sollevare preoccupazioni dirette soprattutto al consumo energetico e quindi all’aumento delle emissioni di carbonio e, a livello globale, il cambiamento climatico.

Valute digitali e impatto ambientale: quanto è effettivamente pericoloso per il pianeta?

La realizzazione delle criptovalute è "immateriale" quindi per molti non richiede alcuno sforzo o almeno non ha ripercussioni sul mondo. Invece il discorso è molto più complesso. Per generare questo tipo di valuta è necessario servirsi di computer potenti e in un discreto numero. Questi computer molto potenti lavorano normalmente al massimo delle loro capacità e quindi hanno bisogno di una quantità notevole di energia elettrica. Normalmente questa energia è generata dai combustibili fossili, tra cui il carbone. Questo è uno degli elementi conosciuti più inquinanti al momento. In sostanza la creazione dei bitcoin e delle criptovalute ha una pesante ripercussione ambientale ed è un’operazione inquinante.

Secondo gli studi condotti dall’Università di Cambridge, il 65% delle estrazioni di criptovalute avviene in Cina, questo Paese ottiene la maggior parte dell’energia elettrica attraverso la combustione del carbone. Questo ha un impatto determinante sul cambiamento climatico poiché durante il processo viene prodotta anidride carbonica. Le stime della CNBC parlano di 35.95 milioni di tonnellate di emissioni annue per poter realizzare bitcoin. I sostenitori di queste valute minimizzano il problema concentrandosi sulla valutazione positiva e annoverando questa produzione come quella di punta rivolta all’utilizzo di fonti rinnovabili. In questo caso però il problema effettivo riguarda l’analisi dei dati, le società cinesi che si occupano di tracciare energia, ad esempio, si rivolgono a fornitori minori in grado di offrire prezzi bassi e competitivi, in questo modo quel dispendio energetico non rientra a pieno titolo nelle stime fatte per il paese su carta. Nella realtà però è tutto connesso ed è per questo che vengono effettuate valutazioni d’insieme dagli organi preposti, proprio per aggirare questi "trucchi".

Il problema non è poi solo legato allo spreco energetico ma anche all’enorme quantità di rifiuti che viene generata per produrre criptovalute. I sistemi elettronici diventano facilmente obsoleti e i circuiti vengono modificati spesso. Queste componenti hardware a differenza di altri tipi di sistemi, non può più essere utilizzata e quindi diventa effettivamente spazzatura. Le stime parlano di circa 8/12 mila tonnellate di rifiuti annui solo per il comparto elettronico.

Blockchain come punto di svolta per la salvaguardia ambientale

La blockchain è sicuramente una tecnologia rivoluzionaria, aperta e innovativa che oggi è non è solo legata al mondo delle criptovalute ma sta riscrivendo il modo di fare business.
Un sistema trasparente e democratico che è sicuro per quanto riguarda il sistema bancario e le valute, ma che è soprattutto senza precedenti, perché di fatto non ha costi.
La blockchain in termini di criptovalute è sicuramente il mezzo migliore per evitare le violazioni della privacy, gli attacchi esterni e la perdita di dati. Questo sistema rappresenta il modo migliore per garantire permanente la sicurezza al cliente. Tuttavia, ciò che viene di fatto percepito come un processo di smaterializzazione, anche in termini di semplici "transazioni" in realtà lo è solo apparentemente. Certo, eliminando la moneta cartacea o andando verso la direzione dei pagamenti elettronici si risparmierebbero i costi di stampa, carta ed energia per far funzionare le zecche di tutto il mondo, si potrebbe evitare l’utilizzo del metallo e quindi i costi di fusione, non sarebbero più necessari i furgoni per il trasporto blindato e quindi il carburante, le documentazioni cartacee delle banche, dei contratti e di tutti gli altri documenti e a largo spettro non sarebbero più necessarie le carte di credito, prepagate e simili, in funzione di una totale digitalizzazione. Il risparmio di fatto ci sarebbe eccome. Ma questo vorrebbe dire far crescere la blockchain in modo esponenziale, decentralizzare i dati criptati e quindi comunque sfruttare ancora di più macchinari, software e hardware utili al raggiungimento di una rete planetaria.

Le criptovalute sostituiranno veramente la moneta?

Nonostante la diffusione delle criptovalute e in particolare dei Bitcoin, bisogna ammettere che non sostituiranno certo a breve la moneta tradizionale. Non solo per i problemi che si andrebbero a creare, ugualmente da un punto di vista ambientale, ma perché questi metodi di pagamento risultano ancora poco diffusi, quindi di fatto viviamo ancora in un sistema legato alla moneta tradizionale. Tra l’altro, si utilizza la moneta tradizionale per acquistare criptovalute che più che altro, al momento, sono viste con fonte di investimento e quindi non sono ancora idonei a sostituire la moneta tradizionale nella vita di tutti i giorni.
le criptovalute non risultano essere un bene rifugio soprattutto per le oscillazioni che possono arrivare in un giorno anche al 30% e sono per questo sempre dominio delle banche che utilizzano questi prodotti soprattutto per creare appeal nei piani di investimento.

Per quanto la creazione di criptovalute sia ad impatto ridotto rispetto alla moneta tradizionale è bene considerare quello che potrebbe accadere se venisse portata allo stesso livello, quindi laddove non ci sia più un altro sistema di riferimento ma le valute digitali diventassero il primo mezzo per scambiare valore. L’impatto sarebbe notevole, tanto in termini di energia e quindi di inquinamento, quanto di e-waste.
Più aumenta il valore delle criptovalute e più ovviamente fa gola a chi fa mining, producendo conseguentemente un’impennata sull’impatto ambientale. Inoltre, le criptovalute continuano a proliferare: ne esistono oltre 7500 sul mercato anche se l’80% dell’intero settore è dominato dalle principali: Bitcoin, Ethereum, XRP, Tether e Litecoin.
L’obiettivo reale per creare una moneta virtuale a basso impatto ambientale è quello di massimizzare i sistemi di calcolo e archiviazione dei computer. L’Italia è stata apripista in questa direzione lanciando un maxi-impianto a tecnologia verde per il mining che si occupa di fornire a terzi abbonamenti completi per procedere alla gestione e all’utilizzo su larga scala delle criptomonete. Resta sicuramente il problema rifiuti, verso cui si lavora sotto un’ottica migliorativa: il riutilizzo per ridurre l’impatto ambientale. "La via verde" quindi è l’unica strada percorribile affinché questo modello diventi realmente un baluardo progressista per il futuro.

Pubblicato il 07/07/2021 alle ore 09:29 da Gabriele

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