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Il blackout dei servizi di Facebook, un nuovo scenario comunicativo tutto da costruire

Il blackout dei servizi di Facebook, un nuovo scenario comunicativo tutto da costruire

Il blackout di Facebook durato per sei ore circa è stata un’interruzione globale che ha coinvolto tutto il mondo, determinando non solo l’impossibilità di fruire dei servizi del social network più famoso ma anche una ripercussione sociale senza precedenti che andrebbe esaminata a fondo per comprendere il monopolio che negli anni si è venuto a creare quando si tratta di comunicazione. Facebook genera dipendenza, non è il solo, ma questa è una certezza. Un problema, se si vuole effettivamente analizzare da vicino il tutto.

La comunicazione non può essere un monopolio

L’uomo da sempre è un animale che comunica, era così dai geroglifici sulle pareti nelle caverne e lo è ancora oggi con i tweet, le foto su Instagram e i post condivisi su Facebook. Ogni gesto, ogni elemento, è un modo per comunicare con gli altri in modo diretto o indiretto. Questo non è un male, l’uomo ha bisogno di interfacciarsi ai suoi simili ma diventa un problema quando l’assenza per sei ore di un social network diventa un caso mondiale. È il simbolo di una generazione sociale ma anche politica, comunicativa, organizzativa che verte su pochi elementi e che non ha più spazio per le idee, la creatività, i nuovi attori. Tutto il mondo, quando Facebook, Whatsapp e Instagram sono andati in down, si è spostato sui mezzi più accessibili quindi Twitter, Telegram e pochi altri. Il blocco è stato causato da un errore meccanico, una modifica alla configurazione che ha reso di fatto i siti "irreperibili". L’errore che ha messo in ginocchio il colosso della comunicazione però ha aperto un varco su un altro tipo di problema, un allarme che era già stato lanciato a più fonti, anche interne all’azienda, e che sembrava inascoltato. Al di là del crollo in borsa per l’azienda a seguito della peggiore esperienza per gli utenti dopo 13 anni è utile notare come questo sia diventato una sorta di universo di cui fanno parte anche le stesse imprese, quindi anche il business stesso circola su Facebook. La prima cosa che un cliente X fa quando è incuriosito da un prodotto o da un brand è cercarlo su Facebook. Quindi non è solo più un problema comunicativo, va ben oltre e riguarda la sfera sociale ma anche il modo in cui circola e si distribuisce il capitale.

Differenziare i servizi per aprire anche alla sana concorrenza

Per una scelta sana e consapevole, le persone devono avere differenti servizi, ci deve essere un e-commerce delle idee tra cui scegliere. Un gruppo di attori diversificati che danno modo a tutti di trovare l’elemento che più gli aggrada. In questo caso invece, questo non esiste più. Tutti i servizi principali fanno capo ad un unico grande monopolio. Il problema andrebbe affrontato a livello politico quindi, perché se c’è un solo grande mezzo su cui vengono veicolati i messaggi, siamo sicuri che si tratti ancora di una democrazia? Siamo certi che internet sia ancora gratuito e aperto a tutti? In realtà non è proprio così se i primi tre colossi sono tutti di un’unica azienda (Facebook, Instagram, Whatsapp) e se qui non solo si dettano mode, tendenze e personalità ma si fa anche economia promuovendo o declassando aziende e quindi determinando cosa deve o non deve essere gradito e di fatto chiudendo la strada a nuovi volti e nuove imprese che vogliono introdursi nel settore. Il modo migliore e più sano è offrire nuovi servizi di comunicazione, sia per i privati che per le aziende, con brevetti innovativi, sistemi di funzionamento nuovi, reti tutelate e sicure. Non a caso il sistema giudiziario americano ha già avviato un’indagine e un procedimento contro Facebook per abuso di potere, proprio a causa di questo trittico che elimina ogni concorrenza e quindi detiene i dati di tutto il mondo in suo possesso. Anche l’Unione Europea dovrebbe fare lo stesso e avviare il medesimo lavoro che vada a deteriorare i monopoli digitali per aprire le possibilità a tutti. Alcuni Paesi come l’India stanno pensando ad una regolamentazione apposita che ponga dei freni e che consenta quindi un ampio margine di manovra anche ai "piccoli" del settore, alle nuove start up proprio come lo era Facebook che ha trovato però campo libero, con ben pochi partecipanti, ed è riuscita a imporsi a tutto tondo. Vista in quest'ottica la giornata del 4 ottobre non è stata poi così scoraggiante perché è servita a fare chiarezza e a dimostrare quanto la cittadinanza di tutto il mondo si senta persa e avvilita senza un sistema di comunicazione, nonostante ne esistano molti altri funzionanti e più semplici a sua disposizione. Scardinare questa sorta di gigantopolio costruito dai servizi che creano, tra l'altro, numerosi problemi relazionali e sociale, deve arrivare da un impegno istituzionale. Facebook non è più solo un social dove postare immagini o condividere pensieri ma sembra essere l'unico mezzo di comunicazione che le persone vogliono utilizzare, ignorando quindi le nuove infinite possibilità che possono arrivare dal mercato con nuovi attori e nuove modalità di comunicazione.

Photo by Unsplash on Unsplash

Pubblicato il 19/10/2021 alle ore 12:18 da Gabriele

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